Presentazione

TRA.M. – Trasformazioni Metropolitane

La città come spazio politico. Tessuto urbano e corpo politico: crisi di una metafora

«Ma perché allora la città? Quale linea separa allora il dentro dal fuori, il rombo delle ruote dall’ululo dei lupi?» (Italo Calvino, Le città invisibili)

La città come spazio politico è un tema che attraversa la storia del pensiero da Aristotele (la polis come spazio politico perimetrato da mura e, quale pendant, il topos fortunatissimo della politica come scienza architettonica per eccellenza), lungo tutto il medioevo, culminante nella diade urbs-civitas. Il punto di vista adottato da questo progetto è stato circoscritto alla modernità e alla sua crisi nella contemporaneità.

Il paradigma moderno della città come spazio politico consiste nell’idea che tale spazio necessiti di una progettazione, rimessa alla volontà politica sovrana (che in queste premesse coincide sostanzialmente con la figura dello Stato).

Oggi, la crisi dello Stato e dell’idea di sovranità che allo Stato è storicamente connessa da cinque secoli si manifesta anche nella crisi dell’urbanistica contemporanea. Il progressivo affermarsi di non-luoghi o di spazio architettonico ridotto a junkspace deriva dalla rinuncia o incapacità della volontà politica ad esprimersi in una corretta progettazione della città come spazio politico.

Occorre ricostruire una mappa dei soggetti cui compete ripensare questa perduta capacità progettuale e politica; la grande occasione che questa crisi offre è rappresentata dalla possibilità di arricchire il significato dello spazio politico di nuovi contenuti, che sono i nuovi paradigmi e i nuovi interessi di cui deve farsi espressione e organizzazione una nozione di politica più aderente alla nostra realtà contemporanea.

Una nuova cittadinanza, una nuova architettura degli spazi pubblici, una nuova mappa dei saperi e dei diritti, che coinvolge la ricerca nel ripensamento di categorie tradizionali nel laboratorio-città, attraverso una decostruzione e ricostruzione teorica, epistemica, storica e pratica delle sue immagini, per ripensare e ridefinire gli spazi comuni in relazione alle contraddizioni della società globale, rideterminando la città come luogo dell’inclusione, centro di imputazione di diritti e presidio rispetto alla de-territorializzazione del diritto.